Qatargate. L’inchiesta è stata un enorme danno. Il Parlamento Europeo deve reagire

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#Qatargate. L’inchiesta è stata un enorme danno. Il Parlamento europeo deve reagire.
Una mia intervista ad Angela Mauro pubblicata oggi su Huffington Post
Buona lettura
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L’europarlamentare indipendente, eletto nelle liste del Pd: “Un anno dopo, siamo al punto di partenza e con un grande punto oscuro: l’origine dell’indagine. L’Europa è lo stato di diritto, invece le prerogative parlamentari non sono state rispettate e le condizioni detentive erano di stampo qatarino. Mettiamoci a disposizione dei pm, ma senza subordinazione”
“A un anno dall’inizio di questa storia è ora di reagire. Il che vuol dire mettersi a totale disposizione della magistratura rispetto ai singoli fatti e presunti reati e alle posizioni dei singoli, ma allo stesso tempo difendere l’Assemblea da teoremi che generalizzano il problema e che oggi non hanno trovato riscontro alcuno nella realtà”.
Un anno fa scoppiava il Qatargate, l’inchiesta su un presunto giro di corruzione, nata dai servizi segreti di alcuni Stati e poi passata alla magistratura belga. Si annunciava come un Armageddon per il Parlamento europeo. Non si è andati al di là di pochi indagati. In questa intervista, Massimiliano Smeriglio, eurodeputato indipendente eletto nelle liste del Pd e componente del gruppo Socialisti&Democratici, accetta di riflettere sugli effetti dell’inchiesta sulle istituzioni europee: “Allo stato è evidente che un’inchiesta che nel peggiore dei casi coinvolgerà per corruzione due, tre o quattro persone, perché di questo stiamo parlando al momento, ha avuto un impatto mediatico su tutti i giornali e i telegiornali del mondo che ha fatto un danno all’istituzione”, ci dice. Senza considerare il trattamento riservato agli indagati in un paese dell’Ue, il Belgio, ritenuto rispettoso dello stato di diritto: “Metodi qatarini e non europei”, sottolinea Smeriglio.
– A un anno da un’inchiesta ancora formalmente aperta, cosa rimane?
Rimane un riverbero mediatico importante e un’attesa anche piuttosto confusa, viste le informazioni emerse. Il Qatargate si presentava come un’inchiesta su un Parlamento europeo composto da criminali. Qualche dubbio è legittimo, visto che siamo dove eravamo nelle prime ore dell’inchiesta medesima.
– È stato un attacco al Parlamento?
Io non credo mai ai complotti e alle operazioni pianificate. Vedremo l’esito delle indagini preliminari, c’è ancora da attendere e c’è un nuovo magistrato che sta lavorando, quindi massimo rispetto per questo tipo di lavoro. Ma allo stato è evidente che un’inchiesta che nel peggiore dei casi coinvolgerà per corruzione due, tre o quattro persone, perché di questo stiamo parlando al momento, ha avuto un impatto mediatico su tutti i giornali e i telegiornali del mondo, impatto che ha fatto un danno all’istituzione, all’Assemblea parlamentare più grande del mondo.
– Come spiega il fatto che all’inizio il Qatargate veniva annunciata come l’Armageddon sul Parlamento europeo e qualcuno sosteneva anche sulle istituzioni europee e invece poi non è stato così? Come spiega il fatto che ancora oggi sappiamo poco di come sia nata, se non che è nata dai servizi segreti di alcuni paesi, e sappiamo ancora meno di come e perché si sia fermata, visto che nelle intenzioni iniziali sembrava dover andare avanti?
La cosa più rilevante non è il perché, ma il come: e cioè come si è attivata questa inchiesta. Quello che capiamo dalle inchieste giornalistiche, da quanto emerge, è quanto meno un utilizzo improprio, chiamiamolo protagonismo dei servizi segreti del Belgio e non sappiamo se anche di altri paesi, nell’indagare, mettere sotto osservazione, appuntare gli interventi dei parlamentari in Commissione prima della richiesta di revoca dell’immunità. Su questo c’è da fare chiarezza, trasparenza, pulizia. Tutto questo getta un’ombra pesante sull’inchiesta medesima. Dico: noi siamo l’Europa, noi siamo lo stato di diritto, la tutela delle prerogative parlamentari e del Parlamento sono sacre e rispondono alle leggi dei paesi di provenienza. Da quello che appare, tutto questo è stato negato. È evidente che sono stati trovati dei soldi e che bisogna indagare e colpire chi ha eventualmente rubato. Ma intorno a questa vicenda si è costruito un teorema generalizzato che dopo un anno di inchiesta non corrisponde alla realtà dei fatti e soprattutto l’opacità sull’avvio dell’inchiesta ha portato all’apertura di un’altra inchiesta per verificare se siano state violate le prerogative dei parlamentari e se sia stata corretta la procedura per la revoca dell’immunità ai parlamentari coinvolti.
– Alla fine dei conti, comunque l’immagine dell’Ue ne esce sfregiata, a pochi mesi dalle Europee.
Altro che sfregio. Si è prodotto un danno importante alla credibilità del Parlamento. Poi io penso che queste sono anche occasioni in cui noi che non facciamo i magistrati dovremmo approfittare per capire il contesto in cui ci muoviamo. Sarebbe stato opportuno da parte di tutti, anche dei parlamentari, difendere con un po’ più di forza la dignità del Parlamento e l’autonomia dell’Assemblea legislativa. Non è solo un problema di singole persone. Si tratta di difendere le prerogative dell’istituzione e riflettere anche sul contesto più generale in cui noi siamo inseriti. A Bruxelles ci sono 13mila lobbisti. Vale a dire una montagna di soldi tra chi vende tecnologia, farmaci, armi, attività che dovrebbero indurre una riflessione più ampia sul rapporto tra il decisore politico e i portatori di singoli interessi che abbiamo visto all’opera in maniera massiccia in questi anni, sia durante e dopo la pandemia e sia durante e dopo l’avvio di due guerre. Il danno al Parlamento è palese e siccome va di moda colpire le assemblee elettive e legittimare l’idea che non servono a nulla e sono luogo di corruzione, un pezzo dell’opinione pubblica, un pezzo della stampa, un pezzo dei talk show si è assunto a cuor leggero la responsabilità di cavalcare quest’onda.
– Lei dice che i parlamentari avrebbero dovuto difendere la dignità dell’istituzione. Invece sono pochi i parlamentari che accettano di parlare dell’inchiesta e di cosa ha prodotto. Come se lo spiega? Significa che l’inchiesta è riuscita a costruire un clima di sospetto e un senso di intimidazione tra i parlamentari? Li ha piegati di fatto?
C’è stata una prima fase con un effetto emotivo importante, non si capivano i contorni dell’inchiesta e quindi ha prevalso la preoccupazione, la cautela. Legittimo: con un’inchiesta così esplosiva sul Parlamento, è chiaro che uno si sente colpito. Distinguerei dunque tra la prima fase, che è stata una fase di disorientamento generalizzato, e la fase attuale. Ora, posate le polveri dopo dodici mesi, secondo me è giusto che i parlamentari abbiano un po’ più la schiena dritta nel costruire un rapporto corretto tra potere giudiziario e potere legislativo e non di sottomissione o intimidazione. A volte c’è anche “l’auto intimidazione”, cioè per precauzione non si parla. Ma il problema qui non è difendere il singolo. Il problema è difendere le prerogative dell’Assemblea, che non sono nelle disponibilità individuali mie. Come parlamentare, io sono obbligato a difendere le procedure, a verificare se è vero o non è vero che i servizi del Belgio erano presenti nelle commissioni, magari usando Pegasus, per verificare il comportamento e la linea politica di singoli parlamentari. Perché se questo dovesse essere vero, è gravissimo. Io credo nella magistratura e sono certo che lavorerà entro maggio, ma non c’è dubbio che si è creato un clima mediatico che ha messo gran parte del Parlamento in una condizione di subordinazione. A un anno dall’inizio di questa storia è ora di reagire. Il che vuol dire mettersi a totale disposizione della magistratura rispetto ai singoli fatti e presunti reati e alle posizioni dei singoli e allo stesso tempo difendere l’assemblea da teoremi che generalizzano il problema e che oggi non hanno trovato riscontro alcuno nella realtà.
– Pensa che il Parlamento europeo sia così debole nell’autotutela dai portatori di interesse e da eventuali attacchi esterni anche perché è un’istituzione che rappresenta 27 Stati diversi e non un unico Stato federale?
Un’Europa minima, debole, fragile su tutti i piani, dalla politica estera a quella energetica o militare e diplomatica, fa comodo a tanti nel mondo. Il passaggio ad uno Stato federale, la cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali a un organismo sovranazionale farebbe nascere un soggetto forte sul piano geopolitico. Questo non avviene per limiti culturali delle identità delle nazioni e la forza dei nazionalismi oggi in Europa. Ma non avviene anche perché c’è una intercessione evidente di soggetti di entità sovranazionali, internazionali o nazionali che hanno tutto l’interesse a tenere l’Europa in questa situazione di ambiguità, per cui non è del tutto un soggetto politico unitario ma certamente è un mercato che fa comodo agli Stati Uniti, all’India, alla Cina. Essere un soggetto sovrano è altra cosa. Noi che facciamo politica dovremmo riflettere su questo e, in vista delle prossime elezioni europee, dovremmo sapere che tutti i partiti diranno che vogliono l’Europa: lo faranno anche i nazionalisti, non siamo nel 2019. Il problema è che l’Europa che vogliono le destre e le destre estreme, a cominciare dal nostro paese, da Meloni e Salvini, un è un’Europa minima, un’Europa del Consiglio, un’Europa delle nazioni e dei nazionalismi e questo sarebbe un disastro per l’Europa medesima e anche per il nostro Paese. Ma questa impostazione ha tanti alleati nel mondo. Sarà una partita dura per le forze genuinamente europeiste, che abbiano la volontà e l’ambizione di far giocare all’Europa un ruolo
più forte.
– Ultima considerazione: l’inchiesta ci ha fatto scoprire che ci sono paesi dell’Ue, come il Belgio, ritenuti rispettosi dello Stato di diritto, dove chi finisce in custodia cautelare entra evidentemente in un girone infernale.
Quanto denunciato da Eva Kaili e dai suoi avvocati sulle condizioni di detenzione, i ricatti sull’affettività ai figli, le condizioni di caldo, freddo, luce permanente, impossibilità di gestire adeguatamente e con dignità il ciclo mestruale, compone un elenco indegno di uno stato di diritto. Sono trattamenti ‘a trazione qatarina’, non europea. Sono successe cose gravi denunciate dalle persone coinvolte. É successo che una persona come Andrea Cozzolino, che si ritrova dentro questa vicenda per le sole dichiarazioni del massimo protagonista, cioè di Antonio Panzeri, il pentito numero uno che ha fatto proprio un accordo con gli inquirenti per beneficiare di sconti di pena, ha dovuto scontare domiciliari e una notte a Poggioreale, subire umiliazioni che, anche ad inchiesta aperta e in condizioni di dubbio, possono e debbono essere gestite in un’altra maniera in uno Stato di diritto, mai lesionando la dignità della persona. Nel nostro ordinamento, il carcere, quando sei condannato definitivamente, dovrebbe essere rieducativo, ma soprattutto non può essere mai uno strumento di pressione e ricatto per avere informazioni su terzi. Questo è ciò che hanno denunciato alcuni dei soggetti coinvolti. Se tutto questo dovesse essere riscontrato, sicuramente sarebbe una pagina nera della giustizia del Belgio che ci dà anche un’altra indicazione: cioè che bisogna mettere mano a questa giurisdizione perché alcuni sono stati trattati come se fossero cittadini del Belgio perché i reati sarebbero stati commessi qui, ma in realtà noi parlamentari italiani siamo coperti dalle prerogative dell’ordinamento italiano. Probabilmente nella fase confusa e iniziale dell’inchiesta tutto questo non è stato rispettato alla lettera.

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